Cartoline dall‘Italia: Le retate etniche e l‘interesse militare dello stato

“Chiedo un maggiore impegno a sostegno del complesso militare-industriale, per ottenere finanziamenti aggiuntivi per nuovi sistemi d’arma e rafforzare la difesa europea con la costituzione di battaglioni da combattimento che si coordino con la Forza di pronto intervento Nato.”
Minniti nel 2006

Il 12 Aprile 2017 il governo italiano ha fatto approvare due decreti legge in materia di immigrazione e sicurezza firmati dal neo-ministro degli interni, Domenico (detto Marco) Minniti. Alla base dei due decreti, ormai legge, l‘inasprimento delle misure dettate dalla logica che persiste nel trattare i fenomeni migratori con strumenti polizieschi e militari di governance e contenimento, e che perseguita organizzazioni di mutuo soccorso e movimenti di dissenso. La rinnovata pervasività d‘intervento di una forza pubblica potenziata si giustifica, nelle dichiarazioni istituzionali, in nome di un reiterato allarmismo sicuritario che si erge interprete di una “diffusa insicurezza percepita”. Il profilo del neo-ministro non lascia margini di dubbio riguardo gli interessi legati al suo mandato.

Il curriculum del già “sottosegretario alla Difesa per la cooperazione militare con Ue, Nato e Stati Uniti e la promozione dell’industria bellica” del governo Amato (2000-2001) è stato recentemente ricostruito in tutto il suo inquietante folgore.1 Basterà qui ricordare che egli è stato anche fondatore, assieme all‘ex presidente Cossiga (le cui strategie per la repressione del dissenso sono amaramente note2), dell‘agenzia ICSA (Intelligence Culture and Strategic Analysis). Centro studi in materia di inteligence e difesa militare, questa fondazione di carattere politico « vanta » nel proprio consiglio alte cariche della NATO, comandanti delle squadre speciali e rappresentanti permanenti dell‘ OSCE ed opera in stretta collaborazione non soltanto con i servizi segreti, ma anche con confindustria, ricevendo inoltre finanziamenti a carattere affaristico da privati del settore industriale italiano.3

Illegalizzazione e detenzione

L‘associazione Antigone ha recentemente sottolineato come le misure previste dal decreto sull‘immigrazione non facciano che alimentare il meccanismo istituzionale di produzione di individui illegali.4
Con il concorso del rafforzamento dei confini francesi, austriaci e svizzeri, le azioni di rilevamento elettronico delle impronte digitali (perpetuate anche con la forza, su base non legale dalle strutture di hotspots) impediscono ai migranti di fare richiesta d‘asilo in altri stati, determinando una situazione di intrappolamento all‘interno dei territori italiani.

Tra le misure del decreto in materia di immigrazione c‘è l‘eliminazione del grado dell’appello nell’iter della richiesta d’asilo. La comparsa del richiedente asilo diventa, inoltre, solo eventuale nel primo grado di processo. In sostanza, il rigetto della richiesta da parte delle commissioni territoriali, che esaminano la domanda in prima istanza, avviene in assenza di contraddittorio e non è contestabile se non in cassazione.5 Il governo codifica quindi di fatto l‘esistenza di un sistema giudiziario a due misure : un iter giuridico distinto per stranieri che ne dismette le garanzie.

Il decreto ripropone e potenzia la fallimentare risposta coercitiva che aveva dato luogo a strutture quali i C.I.E.. La normativa istituisce nuove strutture detentive (nominate Centri di Permanenza per il Rimpatrio), ne aumenta il numero e amplia il ventaglio delle tipologie di trattenimento forzato, prolungando, inoltre, i limiti di permanenza.

Il rischio più che concreto è che torni a crescere, in dimensioni e impatto, un circuito detentivo specifico, per cittadini stranieri, deprivato perfino dalle garanzie minime del comparto penale.6

Le nuove misure si accompagnano agli accordi di polizia stipulati dal governo con alcuni corpi militari preposti alla guardia costiera libica, con la Tunisia e con il Niger. Nella fattispecie, l‘accordo con la Libia – i cui contenuti sono parzialmente venuti alla luce nel febbraio scorso – ha come obbiettivo il pattugliamento delle coste, il finanziamento delle strutture detentive libiche e l‘appoggio ad alcune autorità militari per la chiusura del fronte meridionale che separa la Libia dalla Nigeria. Operazioni a cui il governo italiano contribuisce, in sinergia con UE e l‘agenzia Frontex, con l‘addestramento di pattuglie, il rifornimento di motovedette e l‘impianto di strutture radar di monitoraggio.7

Il testo del decreto menziona inoltre lo stanziamento di fondi per l‘invio di truppe delle forze dell‘ordine in Africa a protezione degli interessi commerciali italiani nella penisola.8
Le critiche che si sono alzate contro il decreto immigrazione ne hanno denunciato il carattere meschinamente propagandistico, volto a strappare alle forze politiche di destra il “monopolio della narrazione sul pericolo immigrato” e il calcolato pay-off elettorale.
Le istituzioni e le associazioni giuridiche hanno inoltre sottolineato l‘inammissibilità della legislazione emergenziale in tali materie e puntato il dito alla violazione della convenzione europea per i diritti dell‘uomo e all‘incostituzionalità delle leggi.

Ma alla base di tali misure c‘è ben più e ben altro : tra i due decreti si traccia un disegno comune, al cui centro c‘è una precisa idea di ordine sociale. Tale normatività fortemente escludente – strutturata in sinergia con gli interessi delle holdings militari e commerciali – prende corpo tramite una determinata gestione verticale della conflittualità sociale che si appoggia su tecniche di disciplinarizzazione e di controllo capillare della mobilità.

Gli antecedenti di sincronizzazione di misure amministrative e militarizzazioe del territorio, a spese di una popolazione trattata come „nemico interno“, non scarseggiano.

Ad essere colpiti dalle misure punitivo amministrative sono soggetti o categorie considerati politicamente indesiderati, oppure la cui marginalizzazione, effetto della crisi economica, ha reso sospetti da parte dell‘apparato economico-produttivo in quanto forze non estraibili.

Militarizzazione e controllo della mobilità

Il decreto in materia di sicurezza preclude a sindaci e amministrazioni locali la possibilità di attuare politiche sociali in supporto delle condizioni di vita delle fasce meno abbienti, ma autorizza misure poliziesche e amministrative di persecuzione delle stesse.

É emblematico, in questo senso, che un intero articolo sia dedicato all‘inasprimento delle misure poliziesche volte a prevenire o reprimere le occupazioni “arbitrarie”di immobili e implementare l‘uso della forza pubblica negli sgomberi. Misure che vanno a colpire e mettere in situazione di ulteriore pericolo i soggetti che lottano faticosamente per il diritto alla casa e a cui la residenza (statuto che in Italia è legato a tutta una serie diritti come le cure sanitarie) era già stata negata sulla base del Piano casa, il quale vieta a chi ha occupato un immobile di ottenere la residenza e chiedere l‘allaccio dei servizi. Le stesse misure si applicano ovviamente alle occupazioni a carattere non abitativo, preparando il terreno legale all‘inasprimento dell‘intervento della forza pubblica nelle situazioni di dissenso politico organizzato o nella persecuzione delle organizzazioni di solidarietà e mutuo soccorso.

Le disposizioni sul “decoro” prevedono, inoltre, l‘aggravio delle misure amministrative volte a punire “chiunque ponga in essere condotte che impediscono l‘accessibilità e la fruizione delle infrastrutture fisse e mobili, ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano, e delle relative pertinenze, in violazione dei divieti di stazionamento o di occupazione di spazi ivi previsti.”9 Non è difficile comprendere come in tale categoria possa agilmente ricadere qualsiasi tipo di manifestazione collettiva. Oltre all‘obbiettivo evidente di ampliamento della legittimazione dell‘uso della forza come strumento di contenimento delle lotte politiche (tramite la criminalizzazione di picchetti, manifestazioni, scioperi e altre azioni politiche facenti leva sul blocco temporaneo del circuito produttivo), l‘indicazione delle “aree interne” di stazioni ferroviarie e altri luoghi pubblici che possono fornire riparo dalle intemperie ci spinge ad un‘ulteriore, amara, riflessione : anche il riposo o la sosta possono essere, a seconda che lo stato abbia a che fare o no con una cittadinanza residenziale docile e da rassicurare, pretesto per una sorveglianza diffusa e “tecnologicamente avanzata”10, oppure oggetto di osteggio e di diniego autoritariamente legittimati. Nell‘epoca della “sicurezza integrata”, la tregua dalla fatica è un bene in cui la governace investe, che può essere concesso in maniera differenziata e diventare diritto di pochi.

Divieti di stazionamento, ordini di allontanamento, interdizioni di zone del territorio e altre sanzioni delle condotte, che il decreto pone a discrezionalità di forze di polizia e amministratori locali (privando chi le subisce delle tutele del penale), hanno un carattere strategico.

“La battaglia per il decoro deve essere letta in stretta relazione con altri conflitti politici in cui l’impiego di strumenti amministrativi è enormemente diffuso. Gli avvisi orali e i fogli di via comminati in val Susa o nelle città in cui sono attivi movimenti sociali poco “docili” sono emblematici, oltre che dello scarto tra fini dichiarati e obiettivi reali, dell’uso improprio di queste misure.”11

L‘interdizione di territori “d‘interesse” ha dei precedenti importanti nelle misure varate in regime d‘urgenza dagli ultimi governi e volte a colpire i movimenti d‘opposizione attiva, come le lotte in Val susa o quelle contro la costruzione della TAP (Trans Adriatic Pipeline) nel Salento. Nel 2012 governo Berlusconi definì i territori interessati dalla TAV come “aree di interesse strategico nazionale, ove l’accesso è vietato nell’interesse militare dello Stato”. Con quello Renzi, nel 2015, la misura si allargava alle zone della TAP a cui è attribuito “carattere di priorità nazionale e interesse strategico”.

Gli antecedenti di sincronizzazione di misure amministrative e militarizzazione del territorio, a spese di una popolazione trattata come “nemico interno”, non scarseggiano. Tali meccaniche sono attivate a tutto interesse dei consorzi multinazionali e industriali e seguono una logica squisitamente poliziesca che sancisce “una singolare gerarchia di importanza fra l’incolumità’ delle cose e quella delle persone”.12
Gli effetti della gestione dell‘ordine dell‘era della “tutela del decoro urbano” non hanno tardato a manifestarsi. Alcune amministrazioni ne hanno addirittura anticipato gli esiti; come a Bari, dove si è scatenando un giro di vite su attivisti e collettivi in vista del G7 sulle finanze. A Bologna il G7 sull‘ambiente è stato preceduto dal fioccare di fogli di via. Risale, invece, a maggio la retata della polizia alla stazione di Milano ordinata dalla prefettura, che ha visto le forze dell‘ordine, con tanto di elicotteri e truppe a cavallo, bloccare le uscite ed eseguire, a favore delle telecamere delle principali emissioni, perquisizioni su tutti i soggetti di razza non caucasica. Sempre in maggio, a Roma, Niam Maguette, cittadino senegalese, ha perso la vita nel tentativo di sfuggire ad un bliz della polizia. La “colpa” di Niam ? faceva il venditore ambulante.

Questo pezzo intreccia una lettura comparata di varia stampa critica con alcune riflessioni personali dell’autrice. Mettendo in luce gli assunti discriminatori egli effetti catastrofici della nuova legislazione italiana in materia di sicurezza e immigrazione, l’articolo vuole attirare l’attenzione sugli stretti rapporti esistenti tra interessi economici e controllo della mobilità. La persona che ha scritto questo articolo è cresciuta in Italia. Come tanti della sua generazione, dopo aver lottato contro i tagli all’educazione e al sociale decisi dall’alto in seguito alla crisi, ha lasciato il paese alla ricerca (forse illusoria) di condizioni migliori.
Attenzione: Per motivi spaziali, le note a piè di pagina di questo testo si trovano alla fine della traduzione in inglese, alla pagina 14.
/1 Vedi il post di Antonio Mazzeo/ See Antonio Mazzeo‘s Blog : Marco Minniti. Quest’uomo è una sicurezza . Contrasto delle migrazioni “irregolari”, gestione dell’ordine pubblico e repressione del dissenso.
http://antoniomazzeoblog.blogspot.ch/2017/01/marco-minniti-questuomo-e-una-sicurezza.html
2 Francesco Cossiga fu ministro degli Interni negli anni 1976-78. Alla sua azione è legata la violenta repressione del movimento, gli anni del suo mandato sono caratterizzati da una serie di eventi tragici rimasti nell‘opacità. La sua ricetta: “infiltrate e picchiate duro, che ci scappi il morto”, è stata candidamente rivelata dallo stesso Cossiga, ormai in tarda età, in un‘agghiacciante intervista rilasciata ad un noto giornale italiano nel 2008.
Francesco Cossiga was minister of the interior during the years 1976-78. His action is linked with the violent repression of the movement of the time, his mandate is characterised by several tragic events that are still unclear nowadays. His “recipe” for the repression of political movements: “infiltrate and beat hard, that someone dies”, has been revealed by Cossiga himself, during his late years, in an interview.
http://temi.repubblica.it/micromega-online/francesco-cossiga-%C2%ABvoglio-sentire-il-suono-delle-ambulanze%C2%BB/
3 La fondazione ha una quota di iscrizione di 20.000 euro annui. La lista dei finanziamenti e dei membri è top secret. I finanziamenti versati dalla cooperativa Cap Concordia sono però recentemente venuti alla luce nell‘arco di un inchiesta della procura di Napoli a carico dell‘azienda.
The inscription quota of the foundation is 20.000 euro. The list of the members financing the foundation is top secret. A recent judiciary inquiry revealed the financings of the cooperative Cap Concordia.
http://www.globalist.it/news/articolo/71702/ischia-nell039inchiesta-ci-sono-troppi-militari.html
4 Vedi: Insicurezza integrata e diritti compressi: la decretazione d’urgenza del ministro Minniti, Associazione Antigone Emilia-Romagna.
See: Insicurezza integrata e diritti compressi: la decretazione d’urgenza del ministro Minniti, Associazione Antigone Emilia-Romagna.
carmillaonline.com/2017/03/28/insicurezza-integrata-diritti-compressi-ladecretazione-durgenza-del-ministro-minniti/
5 Il sistema italiano si basa su tre gradi di giudizio. Con l‘eliminazione del secondo grado, la legge codifica l‘esclusione dall‘accesso al sistema della giustizia al migrante che cerca di far valere il diritto all‘asilo. Sempre Antigone avverte che l‘eliminazione dell‘appello ha l‘effetto di lasciare senza protezione internazionale migliaia di aventi diritto: “Tra il 2014 e il 2016 le Commissioni hanno rigettato il 56% delle domande di asilo, ma il 70% di queste sono state poi accolte in appello”.
The Italian juridical system is based on three degree. With the abolition of the second degree, the low is codifying the refusal of the access to the juridical system to the migrant trying to assert his asylum right. Between 2014 and 2016 the commissions have rejected 56 % of asylum requests, but 70% of those where accepted on the appellate level.
6 Insicurezza integrata e diritti compressi, art. cit.
7 Vedi/See: “EU considering giving ships armed with machine guns to Libyan coastguard accused of killing migrants Libyan government sends list of requested equipment including boats, helicopters and weapons.”
http://www.independent.co.uk/news/world/europe/refugee-crisis-migrants-libya-government-ships-coastguardrequest-eu-list-mediterranean-machine-guns-a7704171.html
8 Decreto Legge, testo coordinato, 17/02/2017 n° 13, G.U. 17/02/2017, Art. 14 -1-bis.
9 Decreto Legge, testo coordinato, 20/02/2017 n° 14, G.U. 20/02/2017, Art. 9.
10 La legge sulla sicurezza urbana prevede lo stanziamento di ingenti fondi in apparecchiature di alta tecnologia per la videosorveglianza e il monitoraggio. Il testo istituisce anche riduzioni delle tasse statali e comunali a aziende e privati che si dotino di sistemi di sorveglianza collegati con le forze di polizia o con la vigilanza convenzionata. L‘ampliamento dell‘intervento della forza pubblica e la nuova militarizzazione della piazza in mano a sindaci e questori sono giustificati in virtù della “tutela della tranquillità e del riposo dei residenti”.
The urban security law allocates important financing in high technological surveillance and monitoring systems. The text mentions reductions of taxes for the private individuals who will buy surveillance systems connected with the police or with corporate vigilance. The enlargement of the intervention of public force and the militarisation of the squares is justified, by the law, with the “protection of the quietness and rest of the residents”.
11 Gargiulo E. (2017), “Con il pretesto della sicurezza: ordine sociale e controllo della mobilità individuale nelle politiche securitarie italiane”, in Studi sulla questione criminale.
https://studiquestionecriminale.wordpress.com/2017/03/27/con-il-pretesto-della-sicurezza-di-enrico-gargiulo/
12 Vedi/See: Il nemico interno
carmillaonline.com/2017/03/29/il-nemico-interno/